Roby Ross
2006-04-11 19:14:42 UTC
di Hans Christian Andersen
Recensione di Francesco Gringeri
130 anni fa moriva a Copenhagen il noto scrittore e poeta danese Hans
Christian Andersen (1805-1875), che ci ha donato centinaia di fiabe come
La piccola fiammiferaia o Il brutto anatroccolo. Tra queste ce n’è anche
una poco nota dal titolo: Quel che fa il babbo è sempre ben fatto,
pubblicata la prima volta il 2 Marzo 1861 nel libro Nye Eventyr og
Historier. Anden Række. Første Samling. [Nuove favole e racconti.
Seconda serie. Prima raccolta.] e nota in Italia anche come Ciò che fa
il vecchio è sempre ben fatto (e già questo la dice lunga sulla
manipolazione culturale del secolo scorso).
Parla di una coppia di contadini poveri che posseggono un cavallo di cui
potrebbero fare a meno, utilizzato solo per qualche saltuario
spostamento o prestato ai vicini in cambio di qualcos’altro.
La mamma, così il contadino chiama affettuosamente la moglie, ricambiato
a sua volta con il termine babbo, lo invita a portare il cavallo al
mercato per venderlo o scambiarlo con qualcosa di più utile. Con che
cosa? “Quello che fai tu va sempre bene!” “Quello lo capisci meglio tu.”
Era un uomo: di lui ci si poteva fidare.
Ecco la prima sorpresa: in un’epoca in cui il maschio è svillaneggiato,
ritenuto essenzialmente un incapace e, in ogni caso, indegno di fiducia,
queste frasi suonano quasi ridicole, paradossali.
Ma l’uomo, forte della fiducia incondizionata della moglie e altrettanto
sicuro di conoscere quel che lei prova e sente, parte per la sua missione.
Ci appare così una coppia che nella sua semplicità si integra
mirabilmente completandosi alla perfezione.
La donna con la sua “praticità” spinge il marito, che le dà retta, a
disfarsi del cavallo, l’uomo con la sua forza e il suo discernimento
compie la missione con la piena fiducia della moglie e lei prima di
salutarlo gli annoda il fazzoletto al collo con un doppio nodo perché lo
sapeva fare meglio.
Il babbo va al mercato completamente libero dalla paura di sbagliare:
sicuro di sé, della fiducia della moglie e, se volete, della benedizione
di Dio. Senza la paura, non si può sbagliare e mai questa certezza lo
abbandonerà.
Lungo la strada scambierà il cavallo con una mucca, poi la mucca con una
pecora, quindi la pecora con un’oca e infine l’oca con una gallina.
Giunto al mercato, con la sua missione ormai conclusa, si reca alla
locanda da dove esce un garzone con un enorme sacco di mele marce.
Subito, attirato dalla quantità, scambia la gallina per le mele.
Le scelte del babbo non si basano mai su di un interesse utilitaristico
nello scambio, ma su un suo “sentire”, spontaneo, immediato,
apparentemente controproducente, guidato, potremmo dire, da un’energia
libidica forte. Il cavallo è ora un sacco di mele marce e l’uomo è
soddisfatto di sé: la libertà è sua ed è pienamente realizzato.
All’interno della locanda incontra due ricchi inglesi ai quali racconta
tutta la storia. I due si spanciano dalle risate e mettono in guardia il
contadino per le botte che prenderà al suo rientro a casa. Ma il babbo è
sicuro di sé e della propria donna: quello che ha fatto è ben fatto e
sarà apprezzato dalla mamma.
I due inglesi, di fronte a tanta stolidità, giungono a scommettere su
come andrà a finire, mettendo in palio un sacco pieno di monete d'oro
contro il sacco di mele marce. Così si avviano insieme verso la casa del
contadino.
Allorché vi giungono, la mamma accoglie festosamente il babbo e
accompagna con grida di gioia ed entusiasmo sempre crescenti la
descrizione degli scambi del marito.
Ma del sacco di mele marce che se ne potevano fare? Ma certo! La mamma
le darà alla moglie del maestro, un’avara che non voleva prestarle
neanche una cipolla!
Non-paura, fiducia reciproca, libertà dal “bisogno”, istinto e piacere,
azione e paziente attesa: tutti connotati di una vita selvatica e
ricetta base per il successo, ovvero per la realizzazione di sé.
Il sacco di monete è loro e potremmo concludere con le stesse parole di
Andersen: “C'è sempre da guadagnare quando la moglie riconosce e
dichiara che quello che fa il babbo è la cosa migliore.”
Recensione di Francesco Gringeri
130 anni fa moriva a Copenhagen il noto scrittore e poeta danese Hans
Christian Andersen (1805-1875), che ci ha donato centinaia di fiabe come
La piccola fiammiferaia o Il brutto anatroccolo. Tra queste ce n’è anche
una poco nota dal titolo: Quel che fa il babbo è sempre ben fatto,
pubblicata la prima volta il 2 Marzo 1861 nel libro Nye Eventyr og
Historier. Anden Række. Første Samling. [Nuove favole e racconti.
Seconda serie. Prima raccolta.] e nota in Italia anche come Ciò che fa
il vecchio è sempre ben fatto (e già questo la dice lunga sulla
manipolazione culturale del secolo scorso).
Parla di una coppia di contadini poveri che posseggono un cavallo di cui
potrebbero fare a meno, utilizzato solo per qualche saltuario
spostamento o prestato ai vicini in cambio di qualcos’altro.
La mamma, così il contadino chiama affettuosamente la moglie, ricambiato
a sua volta con il termine babbo, lo invita a portare il cavallo al
mercato per venderlo o scambiarlo con qualcosa di più utile. Con che
cosa? “Quello che fai tu va sempre bene!” “Quello lo capisci meglio tu.”
Era un uomo: di lui ci si poteva fidare.
Ecco la prima sorpresa: in un’epoca in cui il maschio è svillaneggiato,
ritenuto essenzialmente un incapace e, in ogni caso, indegno di fiducia,
queste frasi suonano quasi ridicole, paradossali.
Ma l’uomo, forte della fiducia incondizionata della moglie e altrettanto
sicuro di conoscere quel che lei prova e sente, parte per la sua missione.
Ci appare così una coppia che nella sua semplicità si integra
mirabilmente completandosi alla perfezione.
La donna con la sua “praticità” spinge il marito, che le dà retta, a
disfarsi del cavallo, l’uomo con la sua forza e il suo discernimento
compie la missione con la piena fiducia della moglie e lei prima di
salutarlo gli annoda il fazzoletto al collo con un doppio nodo perché lo
sapeva fare meglio.
Il babbo va al mercato completamente libero dalla paura di sbagliare:
sicuro di sé, della fiducia della moglie e, se volete, della benedizione
di Dio. Senza la paura, non si può sbagliare e mai questa certezza lo
abbandonerà.
Lungo la strada scambierà il cavallo con una mucca, poi la mucca con una
pecora, quindi la pecora con un’oca e infine l’oca con una gallina.
Giunto al mercato, con la sua missione ormai conclusa, si reca alla
locanda da dove esce un garzone con un enorme sacco di mele marce.
Subito, attirato dalla quantità, scambia la gallina per le mele.
Le scelte del babbo non si basano mai su di un interesse utilitaristico
nello scambio, ma su un suo “sentire”, spontaneo, immediato,
apparentemente controproducente, guidato, potremmo dire, da un’energia
libidica forte. Il cavallo è ora un sacco di mele marce e l’uomo è
soddisfatto di sé: la libertà è sua ed è pienamente realizzato.
All’interno della locanda incontra due ricchi inglesi ai quali racconta
tutta la storia. I due si spanciano dalle risate e mettono in guardia il
contadino per le botte che prenderà al suo rientro a casa. Ma il babbo è
sicuro di sé e della propria donna: quello che ha fatto è ben fatto e
sarà apprezzato dalla mamma.
I due inglesi, di fronte a tanta stolidità, giungono a scommettere su
come andrà a finire, mettendo in palio un sacco pieno di monete d'oro
contro il sacco di mele marce. Così si avviano insieme verso la casa del
contadino.
Allorché vi giungono, la mamma accoglie festosamente il babbo e
accompagna con grida di gioia ed entusiasmo sempre crescenti la
descrizione degli scambi del marito.
Ma del sacco di mele marce che se ne potevano fare? Ma certo! La mamma
le darà alla moglie del maestro, un’avara che non voleva prestarle
neanche una cipolla!
Non-paura, fiducia reciproca, libertà dal “bisogno”, istinto e piacere,
azione e paziente attesa: tutti connotati di una vita selvatica e
ricetta base per il successo, ovvero per la realizzazione di sé.
Il sacco di monete è loro e potremmo concludere con le stesse parole di
Andersen: “C'è sempre da guadagnare quando la moglie riconosce e
dichiara che quello che fa il babbo è la cosa migliore.”